Intervista con Jeanne Iannuzzi Ouellette & Jean Ouellette

Jeanne Iannuzzi Ouellette nacque a Lachine Québec nel 1927. La nonna, Rosa Disani [?] era molto povera e per avere abbastanza denaro per sopravvivere accoglieva pensionanti in casa. Finì per sposare uno dei pensionanti, Giovanni Iannuzzi e ebbero 10 figli. Ambedue i genitori di Jeanne nacquero a Lachine: il padre Carlo Iannuzzi era italiano e la madre francese canadese. Secondo Jeanne lei è "la più italiana" tra i fratelli, visto che vede in sé dei tratti caratteriali sia del padre che della nonna paterna: grandi lavoratori, con qualità di comando e di indole forte. Gli zii, Frank e Andrew Iannuzzi furono internati al Campo Petawawa durante la Seconda Guerra Mondiale. Jeanne si ricorda che lo zio Frank fu arrestato mentre tornava dal lavoro e che l'agente che era venuto per arrestarlo lo seguì nel bagno dove Frank era andato per darsi una rinfrescata prima di esser portato via. Jeanne ricorda anche l'estrema angoscia della nonna, che si sentiva gridare dall'altro lato della strada. Frank era membro dell'Ordine Figli d'Italia e proprietario di un giornale. Contribuiva ampiamente alla città di Montreal e veniva descritto come una persona di talento, intelligente e solerte. Jeanne ci fa notare che rappresentò la comunità italiana di Lachine durante una visita della regina.
Carlo Iannuzzi era poliziotto e investigatore ma durante la guerra la Città di Lachine lo trasferì al Corpo dei vigili del fuoco. Da semplice pompiere divenne poi il Capo dei vigili. Jeanne ci spiega che questo cambiamento non incise sulla sua famiglia e che anche se la carriera del padre come investigatore cessò, almeno aveva un impiego. Questo rappresentò una fonte preziosa di reddito nei momenti di difficoltà economica. Jeanne ci racconta che il padre sia addossò il mantenimento della famiglia dello zio Luigi e di altri internati di Lachine durante la loro carcerazione. Carlo era un uomo generoso che era intensamente coinvolto in varie organizzazioni a Lachine, dentro e fuori dalla comunità italiana.
Nella seconda parte dell'intervista si aggiunge il figlio, Jean Ouellette. Ci racconta degli aneddoti sul nonno, che durante le ferie faceva lavorare i nipoti di modo che si abituassero a lavorare sodo. Jeanne dice di non sapere molto delle esperienze d'internamento degli zii e delle emozioni del padre rispetto al suo trasferimento al corpo dei vigili. Secondo lei, il silenzio di questi uomini all'epoca era dovuto alla loro cultura italiana, alle regole di comportamento sociale del periodo ed alla paura di essere arestati, anche dopo la guerra.